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Covid-19, quando bisogna fare il tampone?

Covid-19, quando bisogna fare il tampone?

Covid-19, quando fare il tampone

Covid-19, quando bisogna fare il tampone, per non incorrere in falsi negativi

Quanto bisogna aspettare prima di fare un tampone, in seguito al contatto con un positivo?

Se una persona è entrata in contatto con un soggetto positivo, non bisogna il giorno dopo fare un tampone Covid-19 per non incorrere in falsi negativi, ma deve stare 10 giorni in quarantena e trascorso questo periodo sottoporsi ad un tampone antigenico o molecolare. Infatti l’eventuale positività può essere riscontrata  solo a 48-72, o anche più, ore di distanza dal contatto diretto e prolungato con un soggetto positivo a Sars-Cov2.

Fare un tampone il giorno dopo è inutile in quanto potrebbe dare un falso negativo, prima che si verifichi un effettivo incremento della carica virale rilevabile dagli attuali test diagnostici.

Se abbiamo avuto contatti diretti a rischio dobbiamo restare 10 giorni in quarantena fiduciaria. Solo dopo il decimo giorno di isolamento, posso eseguire un tampone per verificare la propria negatività.

Il periodo di dieci giorni è legato al periodo di incubazione del virus che varia dai 5 ai 10 giorni.

Se ho gia avuto il Covid e entro in contatto diretto e prolungato con un positivo devo mettermi nuovamente in quarantena?

Difficile avere delle certezze. Al momento sappiamo che nel mondo si sono verificati solo 25 casi di reinfezione. Avere degli anticorpi però non esclude il risultare nuovamente positivi e poter contagiare. Ci sono ancora studi in corso che portano dati giorno dopo giorno, ma anche in questo caso è meglio rispettare la quarantena fiduciaria.

Leggi anche: Covid-19, saturimetro come utilizzarlo

Covid-19, saturimetro come utilizzarlo. Quantità di ossigeno disponibile nel sangue, valori ottimali e valori critici di saturazione

Covid-19, saturimetro come utilizzarlo. Cos’è la saturazione di ossigeno?

La saturazione di ossigeno è un indice ematico che indica la percentuale di emoglobina satura di ossigeno rispetto alla quantità totale di emoglobina presente nel sangue. In condizioni normali, durante il passaggio nei polmoni, i globuli rossi ricchi di emoglobina si saturano di ossigeno, che verrà poi trasportato e ceduto ai vari tessuti dell’organismo.

La saturazione di ossigeno è un parametro che permette di stabilire lo stato di ipossiemia (ridotta quantità di O2 disponibile nel sangue). Si misura con uno strumento chiamato saturimetro, ossimetro o pulsiossimetro. Per utilizzarlo è sufficiente accenderlo e mettere il dito al suo interno.

Il saturimetro di solito una volta effettuata la misurazione si spegne automaticamente dopo prolungata inattività. Il saturimetro permette di rilevare in maniera precisa il livello di SpO2 e la frequenza di contrazione cardiaca (battito cardiaco).

Perché misurare il livello di saturazione di ossigeno?

Il monitoraggio dei valori di saturazione d’ossigeno è importante per valutare rapidamente la necessità di ricorrere alla ventilazione assistita, anche in pazienti con difficoltà respiratorie associate ad infezione da Sars-Cov-2.

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Quali sono i valori ottimali?

Sono considerati nella norma valori superiori a 95. Se il saturimetro indica valori inferiori a 95, si parla d’ipossia, che può essere lieve (tra 94-91), moderata (tra 90-86) e grave (pari o inferiori all’85%). I risultati permettono di individuare la presenza e l’entità di un’insufficienza respiratoria, per ricorrere ad un’eventuale ossigenoterapia. Sotto 90 i valori dovrebbero essere valutati con attenzione dal medico.

Consigli per l’utilizzo

La rimozione dello smalto dalle unghie prima dell’esame è importante per non alterare i risultati. I valori del pulsossimetro possono essere condizionati da aritmie, ipotensione o profonda vasocostrizione sistemica. Riscaldare le estremita delle dita, se fredde, sfregando le mani prima della misurazione.

A cura del Dr. Antonio Proggi

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